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Duomo di Monreale
 
Duomo e mosaici
 

I Mosaici del Duomo di Monreale

copertina

Cenni sul Duomo di Monreale

Guglielmo II il Buono fondò, nel 1174, il duomo di Monreale, dedicandolo alla Madonna. La tradizione popolare tramanda che, mentre il re era a caccia sul monte Caputo, gli apparve una donna che gli indicò il luogo in cui erano nascosti i tesori del padre. In seguito al ritrovamento del tesoro, il re decise di erigere il tempio in onore della Vergine. Pare che l’edificio sia stato costruito su una preesistente chiesa bizantina. Il Duomo venne rapidamente terminato, insieme all’abbazia dei monaci benedettini cluniacensi di Cava dei Tirreni, al palazzo reale e a quello arcivescovile, con cui formava un insieme organico. (1)

Descrizione

Osservata dall’esterno la cattedrale di Re Guglielmo II, si articola in tre volumi principali caratteristici delle chiese occidentali a croce latina: Il corpo basilicale longitudinale a tre navate, il transetto, e la zona triabsidata. A questi volumi si aggiungono ad occidente: due torri campanarie che serrano il portico d’ingresso colonnato (esonartece) sormontato da un timpano triangolare, secondo il tipico schema delle chiese della Normandia.  Le superfici dell’esonartece erano decorate con scene ispirate alla vita della Beata Vergine Maria.

La grande porta d’ingresso rivestita con formelle bronzee, opera di Bonanno da Pisa, fu collocata nel 1185.

All’incrocio del transetto con la navata centrale si innalza, sopra gli altri corpi di fabbrica:  il quadrato del tiburio che contiene la solea,  non sormontato da una cupola, ma da una copertura a doppia falda, come la sottostante copertura della navata centrale. Quest’ultima si attesta con il colmo, nella mezzeria inferiore della finestra centrale della solea.

L’interno del corpo basilicale, è come già accennato, diviso in tre navate da una doppia fila composta di nove colonne di spolio sormontate da capitelli di evidente origine classica. Ciascuna delle navate laterali è larga un terzo di quella centrale. I capitelli sono a loro volta raccordati con i sovrastanti pulvini con abachi a libro secondo un forma tipicamente normanna. Gli abachi hanno spessore diverso evidentemente per raccordare le varie altezze delle colonne, tra loro differenti al fine di porre allo stesso livello tutti i piani d’imposta degli archi ogivali.

La particolare forma geometrica di questi ultimi collabora alla centratura dei pesi delle strutture sull’asse delle colonne che in questo modo, non subiscono carichi eccentrici che ne comprometterebbero la stabilità. Un espediente tecnico che permette di rendere più agili e resistenti le strutture interne, caratteristico delle architetture bizantino-islamiche di quel periodo, successivamente adottate con alcune varianti, nelle cattedrali gotiche. Gli archi si spingono ben oltre i consueti livelli normanni caratterizzati dai deambulatori sovrastanti le navate laterali, le cui bifore o trifore a Monreale scompaiono, per dare posto ai vastissimi campi musivi che, con il loro sviluppo di 6340 mq, ricoprono le strutture e le smaterializzano con la loro luce riflessa. Si ha così l’impressione che la cattedrale sia stata costruita con la luce,  più che con la  pietra.

La navata centrale è coperta con una struttura lignea a doppia falda, mentre le navate laterali lo sono con un tetto ad una sola falda. Le coperture furono ricostruite dopo circa trenta anni dal devastante incendio che nel 1811 distrusse gran parte del presbiterio.

 Le preziose decorazioni delle capriate e dei soffitti, probabilmente rifatte in base ai precedenti disegni medievali, si armonizzano perfettamente con i mosaici parietali. 

La prospettiva, disegnata dalla doppia teoria delle colonne della navata centrale, si prolunga con le strutture che attraversano il presbiterio, ordinando otticamente ogni elemento musivo od architettonico, in un’unica convergenza verso il Cristo Pantocratore, genialmente ed armoniosamente proporzionato nella superficie ricurva del catino absidale in un effetto stereoscopico.

Architettura e programma iconografico si compongono secondo un unico progetto prestabilito in ogni dettaglio.

Al presbiterio si accede attraverso degli archi che ne determinano i vari settori. L’area presbiteriale, per ampiezza, si rapporta con l’abbazia Cassinese, con lievissime sporgenze rispetto al corpo basilicale al contrario dei transetti normanni con bracci molto pronunciati trasversalmente, rispetto alle testate delle navate laterali.

Ma questa configurazione, almeno all’interno, viene ripristinata dall’introduzione di un quadriportico pilastrato (modulo tipicamente bizantino), che divide il presbiterio in un doppio transetto con bracci interni evidenti.

Il primo intercetta l’asse della navata centrale, determinando il quadrato rialzato della solea dove ha sede l’altare; il secondo contiene in allineamento interno, l’abside centrale con quelle laterali, secondo lo schema normanno – cluniacense. Conformando parimenti, le aree della protesi e del diaconico, come  cappelle autonome, secondo le tipologie delle piccole chiese della Normandia ad una sola aula, (v. Tollevast). All’esterno, in pianta, le tre absidi assumono la consueta forma scalettata, (à échelons), con la centrale pronunciata. Si evidenziano tuttavia, alcune sostanziali differenze con le componenti bizantine e normanne contemporanee. Il tiburio, all’incrocio tra il transetto ed il prolungamento della navata, pur riconducendosi al modulo tetrastilo centrico bizantino, non è sormontato da un cupola, ma chiuso con un tetto a doppia falda. Le zone absidali sono coperte con volte a crociera ad eccezione del catino absidale che non è traforato dalle consuete tre finestre (talvolta, circolari, come in alcune chiese della Normandia), per dare più spazio interno all’immensa figura del Pantocrator.

I rapporti geometrici tra le varie componenti planimetriche sono dettati da rigorosi criteri proporzionali e da un sistema metrico la cui unità di misura equivale al cubito islamico (ca. 42 cm).

Alla pari delle grandi costruzioni basilicali cristiane, il Duomo era preceduto da un grande recinto rettangolare con giardino e pozzo centrale ad uso dei pellegrini, chiamato Paradiso, chiuso da portici laterali conclusi dal nartece. Vi si accedeva da una porta d’ingresso praticata nel perimetro occidentale difeso da muri e torri. (2)

La piazza principale, sul lato ovest della Cattedrale, era circondata da un porticato a scopo di riparo dalle intemperie stagionali e dall'eccessivo calore del sole estivo. L'armonia di tale spazio aggregativo trovava la propria completezza nell'esonartece, portico solenne, arricchito da mosaici non più esistenti oggi, vero 'atrio' di attesa dell'incontro con il Re dei re, con il Signore dei Signore, il Cristo del Padre, con la Regina sua Madre, Maria, con tutta la Corte regale del Cielo.

Testimonianze risalenti al XVI secolo, consentono di ricollocare con esattezza i mosaici dell'esonartece. Appena oltrepassata la soglia, il Re e il Popolo di Dio erano accolti dai due Arcangeli, Michele e Gabriele e da due profeti, Isaia e Balaam. Le iscrizioni di questi ultimi due personaggi biblici anticipavano le tematiche messianiche che poi avrebbero costituito il concerto di luce e di colore nei mosaici interni della Cattedrale. Isaia riferiva circa l'origine davidica di Gesù (Uscirà un virgulto dalla radice di Iesse) e Balaam preannunziava la splendida luce portata a noi dal Messia (Sorgerà la stella da Giacobbe). 

Dieci tondi di santi negli intradossi laterali e cinque tondi di sante nell'intradosso centrale, facevano da corona a scene dedicate alle vicende terrene della Madre del Messia, Maria Vergine umile e gloriosa.
Sulla parete destra di chi entrava nella Cattedrale e su quella laterale destra, erano proposte quattro scene: la natività di Gesù Betlemme, con 3 pastori e angeli (Nativitas Jesus Christi); l'adorazione dei magi; la presentazione al tempio e purificazione della Madre (Praesentatio Christi in Templo; Positus est in ruinam et signum cui contradicetur).

La parete sinistra presentava altre quattro scene mariane: tre angeli che si prendono cura del Bimbo appena nato; una scena ignota, ipotizzata dal Lello come Assunzione ovvero il Transito o Dormitio della Vergine, con accanto gli apostoli.

Sulla parete sx laterale: presentazione di Maria al tempio e, come semplice ipotesi, la Natività della Beata Vergine Maria.

L'enorme porta bronzea (7,80 x 3,90) che immette all'interno della Cattedrale monrealese fin dal 1186 è stata realizzata da Bonanno di Pisa.

Motivi simmetrici, floreali, geometrici (il noto bâton brisé di origine normanna), zoomorfi e antropomorfi, fanno da cornice a ben quaranta formelle raffiguranti eventi biblici, dalla Genesi ai Vangeli, suddivisibili in dieci sezioni. Due scene maggiori ne dominavano le due valve: a sinistra Maria in trono (con l'iscrizione latina: E' stata assunta Maria nei cieli); a destra il Cristo in trono (con l'iscrizione latina: Io sono la Luce del mondo, corrispondente, letteralmente, a quanto poi era presentato dal libro aperto nella mano sinistra del Cristo Pantocratore, nell'Abside centrale).  L'area in basso, a sx e a dx, reca i simboli normanni più noti: il grifo (di area anglonormanna) e il leone (di area siculonormanna).  (Ferina 113).

Di qualche anno precedente è la porta bronzea realizzata da Barisano da Trani (1179) nell'atrio nord.
Meno elaborata di quella di Bonanno di Pisa, l'opera è articolata in 28 formelle quadrate con figurazioni di santi, disposte simmetricamente sulle due valve.(3)

Monreale, i segreti del tempio

La massima concentrazione di luce dentro il duomo di Monreale è il 21 dicembre quando comincia il solstizio d' inverno; la minima è il 21 giugno, avvio del solstizio d' estate. Con la festa di San Giovanni, il 24 giugno, comincia il ciclo semestre discendente del sole che riprenderà poi la fase ascendente con la Natività. Come dire che il Battista, precursore del Messia, passa la "luce" a Gesù Cristo. Ogni giorno dell'anno la proiezione dei raggi di sole sui vari elementi della cattedrale arabo normanna, costruita nel 1174, illumina i diversi simboli della liturgia cristiana.

Dove la luce simboleggia la salvezza, l'ascesa dalla terra al cielo, dall'uomo a Dio. I misteri del tempio che svetta nella rocca che si staglia sulla Conca d'Oro sono stati svelati da quattro studiosi (Aurelio Antonio Belfiore, Alessandro Di Bennardo, Giuseppe Schirò, Cosimo Scordato).

A cominciare dal progetto, che è stato regolato armoniosamente sui fenomeni luminosi (alba tramonto e mezzogiorno) delle diverse ricorrenze del calendario, dall' Annunciazione alla Natività, dal Martirio all' Assunzione in cielo. Così colonne, navate, fonte battesimale, punto di fondazione, mosaici, vengono illuminati secondo una scansione mirata sulle ricorrenze sacre. Il processo progettuale, basato sull' osservazione del moto apparente del sole durante tutto il ciclo annuale, ha assecondato le teorizzazioni dell'architetto romano Vitruvio Pollonio, vissuto nel 1° secolo a.C. Purtroppo le finestre schermate, poste a difesa dei mosaici della parete Nord, impediscono di apprezzare i molteplici giochi luminosi all'interno della navata, ma, per fortuna, un raggio riesce a passare dal vetro rotto della terza finestra perpetuando così in parte la magia quotidiana. Niente è stato lasciato al caso: scelta del luogo, orientamento, disposizione della pianta, proporzione degli spazi e delle cubature, allineamenti interni ed esterni, dislocazione di finestre e colonne, rispondono a regole rigidissime, dettate dall'astronomia, dalla gnomonica, dalla geometria, dall'architettura, dall'ingegneria e dalla conoscenza impeccabile delle sacre scritture.

Gli architetti-sapienti del Medioevo, oltre alle enormi competenze tecno-scientifiche, avevano un naturale approccio all'edificazione sacra come rivelazione solare, assecondando i dettami della teologia cristiana, secondo la quale solo il sole era capace di rivelare agli uomini il volere di Dio, codificabile, nel loro caso, attraverso numeri e geometrie intrinsechi ai fenomeni celesti. La luce comunque è solo il risultato finale di una procedura che si presenta complessa fin dalla scelta del luogo dove erigere l' edificio di culto, che non può essere lasciata al libero arbitrio dell' uomo. Secondo la ierofanìa ("rivelazione superiore"), infatti, il luogo non è mai scelto, è soltanto scoperto; lo spazio sacro si rivela da sé.

Come per altre architetture medievali d'Europa, l'abbazia di Monreale è stata localizzata attraverso un procedimento di allineamento astronomico all'alba del solstizio estivo e al tramonto di quello invernale (che sono in direzione opposte sullo stesso asse) con altre due costruzioni cristiane presenti nel territorio: la cattedrale di Palermo e la chiesa di San Giovanni degli Eremiti. Quindi, non in un posto qualsiasi, ma un luogo inserito in un mosaico zonale. In altri paesi, la Francia ad esempio, lo schema territoriale, ha dato vita a gruppi di edifici collegati che hanno dato forma a diversi disegni astrali o divini: la Croce (in una di esse vi è la celebre chiesa di Reims) l'Orsa maggiore (le abbazie benedettine a Caux), e ad altre costellazioni, come la Vergine, l'Ariete. Un disegno complesso che "curvava" la spazialità geografica ai disegni della fede. «La cultura medievale - sostiene Alessandro Di Bernardo che ha approfondito le problematiche connesse alla luce e al rito di fondazione - concepiva la costruzione sacra come frutto di una determinata prassi progettuale, tutta incentrata sull'imitazione di un archetipo divino ben preciso, il Mondo Creato. Soltanto ripetendo i medesimi passaggi progettuali di "Dio-Architetto" gli uomini del tempo riuscivano ad avere la certezza di costruire un tempio che fosse sacro in quanto ordinato dalle leggi universali». E il duomo diventa nel contempo casa del creatore in terra e anticamera della dimora celeste per gli uomini. Individuato il palo di fondazione, che è la riproposizione in cantiere del "centro ombelicale" attraverso cui fu creato il cosmo, si procedeva a disegnargli un cerchio intorno per localizzare lo spazio. Il raggio doveva essere proporzionale alle dimensione della terra. A Monreale è stato calcolato in 90 metri, una milionesima parte del grado meridiano locale che a Palermo è di 90 chilometri. Dal palo parte la porta del Paradiso, simboleggiata da una volta di stelle in un arco, che è collegata con la porta degli inferi, una botola sul pavimento sottostante che rappresenta gli abissi del peccato. Prima tra paradiso e inferno c'era una colonna. Ma l' ordine benedettino, che si insediò nel Duomo, metteva l'uomo in questo spazio compresso tra la salvezza e la perdizione. L'uomo entrando nel tempio mondava la sua anima.

Le composizioni iconografiche, dai celebri mosaici a tutte le altre immagini sacre, indicavano il cammino verso Dio. Le illustrazione partono, infatti, da Adamo ed Eva che si allontano da Dio e il lungo cammino dell' uomo, sulle orme del Cristo, per ritornare tra le braccia del padre. La figura maestosa e ieratica del Pantocratore è il fulcro del tempio. Il punto che calamita gli occhi di fedeli e visitatori.

«La logica narrativa dei mosaici parte da lui e a lui ritorna - sostiene don Cosimo Scordato, docente di teologia - l'immensità del suo abbraccio tutto contiene». Lo studioso poi, rimarcando il valore delle contaminazioni tra popoli diversi, sottolinea gli influssi dell'arte bizantina, che proprio nel Cristo trovano la massima espressione: «Il duomo di Monreale si trova a essere un punto di incontro tra la cultura latina e quella orientale». E della presenza di maestranze bizantine parla anche Aurelio Antonio Belfiore, che ha ricostruito i momenti cruciali dei nove secoli di vita del prezioso monumento (la realizzazione nel XII secolo, le modifiche apportate per assecondare i dettami del Concilio di Trento nel XVI secolo e la ricostruzione dopo l'incendio del 1811). (Tano Gullo) (4)

La cattedrale di Monreale ospita il più imponente ciclo musivo del XII secolo. Eccezion fatta per Santa Sofia a Costantinopoli, la decorazione è anche la più vasta, superando i seimila e quattrocento metri quadrati ripartiti in 130 grandi quadri ed in una infinità di figure isolate tale da coinvolgere sostanzialmente tutti gli interni.

L’elemento in cui le immagini sono immerse è il fondo oro che spoglia lo spazio, la materia ed i corpi di ogni connotazione terrena accrescendo l’atmosfera di ieraticità in cui tutto è immerso. Severi canoni tradizionali regolano il programma iconografico, analogamente a quanto avviene nelle coeve rappresentazioni della Cappella palatina e della cattedrale di Cefalù. Al centro dell’arco di ingresso al presbiterio si incontra una figura femminile a mezzo busto con il capo velato e cinto da corona che rappresenta la Sapienza divina accompagnata dagli Arcangeli Michele e Gabriele adoranti la quale apre la serie dei quadri dove è rappresentata la storia della creazione e dei Patriarchi Noè, Abramo, Isacco e Giacobbe. Si tratta di quarantadue pannelli disposti su due livelli al di sotto di un fregio composto da 52 medaglioni che si inseguono per tutta la navata girando sotto la travatura. Partendo da destra, presso l’arco di ingresso al presbiterio, si individuano le seguenti rappresentazioni: creazione del caos, della luce, del firmamento con la divisione delle acque della terra da quelle del cielo, divisione della terra dal mare, creazione degli astri e dei pianeti, cui segue quella degli animali, dell’acqua e dell’aria. La fascia musiva quindi prosegue con la creazione dell’uomo, con il riposo del Creatore che viene raffigurato seduto su un globo e successivamente nell’atto di introdurre nel Paradiso terrestre Adamo che gli promette obbedienza. Segue l’immagine di Adamo che gode delle delizie paradisiache.

Sulla porta maggiore si assiste alla creazione di Eva ed alla sua presentazione ad un Adamo che manifesta gioia e stupore insieme. Il ciclo prosegue poi sulla parete sinistra dove sono rappresentate in sequenza le seguenti scene: la tentazione, il peccato originale, il rimprovero divino, la cacciata, Adamo al lavoro con Eva piangente, Caino ed Abele offerenti, l’uccisione di Abele, la fuga di Caino e la sua morte per mano di Lamech che gli scaglia un dardo, l’annuncio a Noè del diluvio universale, la costruzione dell’arca con l’ingresso degli animali, il ritorno della colomba con un ramoscello di ulivo, il sacrificio di ringraziamento che avviene sotto un lucente arcobaleno, l’ebbrezza di Noè, la torre di Babilonia, Abramo che accoglie tre angeli e li serve riverente. Sulla porta maggiore gli angeli vanno contro Sodoma che viene incendiata mentre Loth fugge con le figlie e la moglie viene tramutata in statua di sale. Nel registro inferiore della parete sinistra la rappresentazione riguarda: l’ordine di Dio ad Abramo perché sacrifichi Isacco e l’intervento angelico che lo salva, il servo di Abramo che cerca la sposa per Isacco ed il suo ritorno con Rebecca.

Segue poi la raffigurazione di Isacco che manda Esaù a caccia, l’inganno di Rebecca, Isacco che benedice Giacobbe, Rebecca che consiglia la fuga a Giacobbe, il suo sonno nel deserto con il sogno della scala che tocca il cielo, il ritorno di Giacobbe in Mesopotamia, la sua lotta con l’angelo che lo benedice così che viene ribattezzato Israele cioè “forte come un Dio”.

Negli intradossi dei quattro archi del quadrato centrale del transetto si trovano 26 medaglioni raffiguranti personaggi esce gesticolando dal tempio; l’annunzio a Maria con la discesa dello Spirito Santo; la visita ad Elisabetta; il turbamento di Giuseppe; la nascita di Gesù che, in fasce, sta tra l’asino ed il bue alla presenza di Angeli adoranti; l’annunzio ai pastori; i Magi in cammino e la loro adorazione; Erode che ordina la strage degli innocenti; l’angelo che ordina la fuga in Egitto; la presentazione al tempio; la disputa con i dottori; le nozze di Cana; il battesimo nel Giordano con due Angeli e la discesa dello Spirito Santo in forma di colomba. Il racconto prosegue su entrambi i lati del transetto con le raffigurazioni di seguito elencate: sul lato destro trovano posto la triplice tentazione del demonio; la guarigione del paralitico e quella del cieco; l’incontro con la samaritana; la trasfigurazione sul Tabor; Lazzaro resuscitato col gesto degli astanti che si turano il naso; la preparazione del trionfo delle palme; l’ingresso a Gerusalemme; l’ultima cena; la lavanda dei piedi; il sonno degli Apostoli nel Getsemani; il bacio di Giuda e Gesù davanti a Pilato.

Sul lato sinistro sono rappresentati: Gesù al Calvario; la morte; la deposizione; il trasporto del suo corpo; la resurrezione con la discesa al Limbo; l’indicazione alle donne dell’avvenuta resurrezione; l’apparizione alla Maddalena; la cena in Emmaus con i due apostoli che riferiscono della sua apparizione; Gesù che invita Tommaso a toccargli il costato; l’apparizione al lago di Tiberiade con la pesca miracolosa; l’ascensione al cielo; la discesa dello Spirito santo.

Nelle due navate laterali sono rappresentati alcuni momenti della vita pubblica di Gesù. La narrazione è così disposta: nella navata laterale destra vi sono: la Cananea che implora la guarigione della figlia; Gesù che prima guarisce l’indemoniato, poi il lebbroso e quindi un uomo dalla mano arida; Gesù che cammina sulle acque; resuscita il figlio della vedova; guarisce una donna che perde sangue; ridona la vita al capo della Sinagoga; risana la suocera di Pietro ed infine moltiplica pani e pesci sfamando cinquemila persone.

Nella navata laterale sinistra stanno altri miracoli: Cristo raddrizza una donna curva tra le proteste del capo della sinagoga; risana un idropico, guarisce dieci lebbrosi e ridona la vista a due ciechi. Seguono quindi la cacciata dei profanatori dal tempio; il perdono all’adultera che rischia la lapidazione; la guarigione di un paralitico calato giù dal tetto e di zoppi e ciechi; il perdono alla Maddalena; la guarigione del figlio paralitico del centurione. Nelle absidi laterali sono rappresentati fatti della vita degli apostoli, soprattutto di Pietro e Paolo, mentre nella controfacciata i temi sono quelli dell’agiografia di alcuni Santi.

Il completamento, nonché l’apice di tutto il ciclo, coincide comunque con le immagini di Gesù Cristo Pantocrator benedicente e della Madonna, circondati da gerarchie angeliche e santi di ogni epoca, fino a Thomas Becket, canonizzato nel secoloXII. Cristo tiene aperto il libro dove, in lettere greche e latine, si legge: “Io sono la luce del mondo: chi mi segue non cammina nelle tenebre” mentre la mano destra è aperta in atto benedicente ed accanto a lui sta la scritta in greco: “Gesù Cristo, il Pantocratore”. Il sovrano, a sua volta, è rappresentato sopra la parete del trono regale e su quella del soglio arcivescovile: nel primo mosaico, in piedi e vestito della dalmatica, è raffigurato in atto di ricevere la corona da Cristo mentre due angeli recano lo scettro ed il globo cruciato; nel secondo egli si china ed offre il modello della chiesa alla Vergine.

Le numerose squadre di mosaicisti, alcuni dei quali certamente locali, che per circa un ventennio si impegnarono nella monumentale opera decorativa, ebbero certamente presente il sistema iconografico della Palatina ma, potendo disporre di uno spazio ben più ampio, riuscirono a dare ai singoli episodi un carattere maggiormente narrativo, tale da riuscire a dar vita ad un dinamismo del tutto nuovo, come appare dai panneggi e dai gesti delle varie figure. La straordinaria cura dei dettagli, che spinse gli artisti ad utilizzare addirittura sei tessere per centimetro quadrato nella rappresentazione del volto del Pantocratore, unita alla ricerca dell’equilibrio nel rapporto figure-paesaggi, conferma il valore assoluto di questo ciclo musivo che il Bettini ebbe a definire “un immenso tappeto che si riversa sulle strutture”. (5)

La proposta catechetica, che offrono i mosaici di Monreale, si può articolare in tre linee, che meglio consentono un’interpretazione d’insieme: la linea storico-salvifica, la linea liturgica, la linea cristocentrica. (6)

1. La linea storico-salvifica

Che l’intento degli artisti sia stato quello di esporci la storia della salvezza, ce lo conferma la presenza, al centro del grande arco di ingresso al presbiterio, di una figura di donna, col capo velato e coronato, tra gli arcangeli Michele e Gabriele: la didascalia la identifica come Sapientia Dei: chiaro rimando al “mistero nascosto da secoli” (Col 1,26), al disegno universale di salvezza, rivelatoci in Cristo.

Nella narrazione della storia della salvezza, possiamo distinguere vari momenti: l’attesa di Cristo, la sua venuta, la storia della Chiesa, la conclusione escatologica.

1.1. Il ciclo veterotestamentario si svolge lungo le pareti della navata centrale: in quarantadue grandi pannelli, disposti in due registri, si snoda, in forma di lectio continua, anche se selettiva, la storia, che dalla creazione al peccato di Adamo ed Eva, a Noè, ad Abramo, arriva alla lotta di Giacobbe con l’angelo.

Il resto è narrato, in modo ellittico, negli intradossi dei quattro grandi archi del quadrato centrale, in ventisei medaglioni, che raffigurano gli antenati di Gesù, secondo la genealogia di Matteo, con l’aggiunta di Melchisedec. Completano i richiami al V. T. dodici figure di profeti nelle pareti della solea e altri otto, raffigurati nell’estradosso del catino absidale.

1.2. Per parlarci della venuta di Cristo gli artisti si ispirano a tutti e quattro i vangeli e selezionano momenti salienti della sua vita ed episodi della sua attività. Ma di questo momento della storia salvifica tratteremo nel seguire la linea liturgica.

1.3. La storia della Chiesa comincia con l’attività degli Apostoli e prosegue nel corso dei secoli, manifestando, soprattutto nei santi, i benefici della redenzione.

Perciò nelle absidi minori sono rappresentati gli atti dei principi degli Apostoli. Sulle pareti dell’abside destra (diaconico) troviamo la vita di Pietro, mentre la vita di Paolo è narrata sulle pareti dell’abside sinistra (protesi).

La presenza di circa duecentocinquanta figure di santi: martiri, confessori, vergini, religiosi e laici, dislocati in tutti i luoghi, ci assicura che il Signore continua ancora ai nostri giorni ad operare le meraviglie del suo amore.

1.4. Il motivo escatologico è rappresentato dall’Emmanuele, un medaglione posto nell’estradosso del catino absidale, che raffigura Cristo, nel vigore della giovinezza, nell’aspetto di giudice; e soprattutto dall’etimasia, il trono vuoto con gli strumenti della passione e con la colomba, collocato al centro dell’arco del presbiterio, simbolo della tensione della storia verso la parusia, con la guida dello Spirito santo.

2. La linea liturgica

Questa linea si evidenzia particolarmente nel racconto della vicenda storica di Gesù, distribuita in blocchi, che seguono la divisione dell’anno liturgico.

Nel quadrato del transetto troviamo diciotto pannelli raffiguranti le pericopi evangeliche, che la liturgia ci propone nell’avvento e nel periodo natalizio, e che vanno dall’annunzio a Zaccaria della nascita del Battista sino al battesimo di Gesù.

Ai due lati del transetto abbiamo, in trenta pannelli, la serie degli episodi, che leggiamo nelle domeniche di quaresima, nella settimana santa e nel periodo pasquale: si comincia dalle tentazioni di Gesù, per finire al grandioso quadro della Pentecoste.

Sulle pareti delle navate laterali troviamo illustrate venti scene della vita di Gesù, che in certo modo possiamo attribuire al tempo ordinario: sono per lo più incontri con la sofferenza degli uomini e interventi miracolosi di Lui, che “passò facendo del bene” (At 10,38).

3. La linea cristocentrica

Non ci si meravigli di ritrovare nel creatore il volto di Gesù, con l’aureola senza croce, poiché “in principio era il Verbo... tutto è stato fatto per mezzo di Lui” (Gv 1,1.3). E la comune esegesi patristica, seguita dagli artisti, attribuiva al Verbo la creazione ed ogni manifestazione di Dio nel V.T.

Da Cristo dunque parte la storia della salvezza, per Cristo si attua, in Cristo trova la sua conclusione (Cfr. RdC 101). Verso il Pantocratore, vero centro figurativo e teologico dell’ intero complesso musivo, converge tutto il movimento della storia; ed egli con le braccia allargate, sembra voler accogliere tutte le realtà, per ricapitolarle (Cfr. Col 1,10) e consegnare alla fine “il regno a Dio Padre” (1Cor 15,24).(7)

Di seguito si riportano, senza alcun commento, la maggior parte dei pannelli che costituiscono il ciclo musivo del Duomo di Monreale. Si sono volutamente omettere i 26 medaglioni posti sulla sommità delle pareti della navata centrale che rappresentano le generazioni che precedettero la venuta di Cristo secondo Matteo e alcuni altri testi visivi di secondaria importanza per i fini che il presente lavoro si prefigge.

(1) http://carabelta.free.fr/eicon/monreale.php

(2) http://www.duomomonreale.it/index8fc5.html?option=com_content&task=view&id=216&Itemid=295

(3) http://www.duomomonreale.it/indexce7f.html?option=com_content&task=view&id=221&Itemid=289

(4) Da un articolo di Tano Gullo sulla  presentazione del libro "Il duomo di Monreale - Architettura di luce e icona" (edizioni Abadir, 252 pagine),

(5) Itinerari culturali del medioevo siciliano - Ciclo musivo chiesa Cattedrale di Santa Maria
la Nuova - Monreale (pa)- http://www.iccd.beniculturali.it/medioevosiciliano/brochure/itinerario_cicli_musivi.pdf  pag. 16

(6) http://www.monreale.altervista.org/index.php?option=com_content&task=view&id=17&Itemid=2

(7) http://www.monreale.altervista.org/index.php?option=com_content&task=view&id=17&Itemid=2

 

Copertina guida
complesso monreale
Complesso del Duomo di Monreale
pianta chiesa
Planimetria del Duomo di Monreale
sezione longitudinale
Sezione longitudinale verso sud
sezione longitudinale verso sud
Sezione longitudinale verso nord
sez verso ovest
Sezione trasversale verso ovest
sez verso est
Sezione trasversale verso est
inizio creazione
inizio della creazione
creazione della luce
creazione della luce
creazione delle acque
creazione delle acque
separazione acque terra
separazione delle acque dalla terra
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
vergine della tenerezza
 
volto di cristo
 
 
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